Mi piace l’AI

PAROLE D’ORDINE:

Così su due piedi direi INTELLIGENZA ARTIFICIALE, SOFT SKILLS, RESILIENZA, NEUROSCIENZE.

E mi tocca mettermi a studiare e a riflettere.

Intelligenza artificiale e soft skills.

Mi piace l’AI. La uso poco, le chiedo brevi testi, qualche ricerca, il mio compagno le ha chiesto di scrivere una stringa di codice per una console luci, ma è stata la cosa più difficile che le ho visto fare. Ho iniziato a studiare come è nata, come cresce, è interessante.

Intanto che cerco di conoscerla, lei risponde sempre in modo preciso, non scrive nemmeno male, è pedantina, non simpatica, affidabile solo fino a un certo punto, ma comunque molto di più di molte persone.

Il fatto è che se le chiedo cosa si verifica con una coronografia, non si preoccupa per me e non mi chiede perché lo voglio sapere, non fa giochi di potere o di seduzione, risponde composta senza parlare tra le righe, con le metafore se la cava malissimo, non si commuove se le chiedo informazioni sul parto in acqua a Torino, se le chiedo un testo sul genocidio armeno lo fa, ma sotto sotto a me sembra che se ne freghi.

Eccoli i soft skills…quelli lì, quelli che il mondo (e il buon senso) dicono che bisogna allenare. Ma quindi?

Ho capito: il problema è che AI non fa domande. E le domande sono la palestra dei soft skills.

Io che faccio domande per curiosità e per professione, vedo le persone cambiare, evolversi e rendersi da sole più felici.

Le domande servono. Le domande sono importanti. Che intelligenza è quella che non fa domande?

Mah… Forse le serve solo un bravo coach.

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“La parola spetta agli uomini” (Omero)